la pila atomica e la bomba atomica
"in tutta la storia della scienza la fabbricazione della bomba atomica
è l'errore più grave che gli scienziati abbiano commesso." (Albert Einstein)

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Il 2 gennaio 1937 il piroscafo "Franconia" entra nel porto di New York. Tra i suoi passeggeri c'è il fisico nucleare italiano Enrico Fermi, che giunge in America per tenere un ciclo di conferenze della durata di 6 mesi presso la Columbia University di New York. Lì lo raggiunge lo scoppio della seconda guerra mondiale; Fermi si stabilisce quindi negli USA per tenere la cattedra di fisica presso la stessa Università.
Negli anni che seguono insieme ad un gruppo di scienziati di varia nazionalità continua i suoi studi sulla
radioattività dei minerali di uranio. Questo gruppo di scienziati si accorge ben presto che le razioni atomiche che essi sono in grado di produrre possono liberare una enorme quantità di energia. Gli stessi scienziati pensano di porre questa nuova fonte di energia al servizio del paese che li ospita.
Per interessare a questo progetto le autorità dello stato si rivolgono ad
Albert Einstein , il più illustre scienziato vivente, anch'egli rifugiato negli Stati Uniti, che comprende che i loro progetti sono veramente realizzabili e scrive al Presidente degli Stati Uniti questa lettera:
"Signor presidente,
recenti lavori di Enrico Fermi e di L. Szilard, che mi sono stati comunicati in manoscritto, mi inducono a ritenere che l'elemento uranio possa essere convertito in una importante fonte di energia nell'immediato avvenire. […] Stimo pertanto doveroso segnalarvi i dati e le raccomandazioni che seguono: nel corso degli ultimi quattro mesi sono state grandemente accresciute, grazie alle ricerche di Joliot in Francia e di Fermi e Szilard in America, le possibilità di provocare in una grande massa di uranio una reazione a catena che svilupperebbe ingenti quantità di energia e nuovi elementi radioattivi.
Oggi appare quasi certo che a tale risultato si possa giungere nell'immediato avvenire. […] questo nuovo fenomeno porterebbe anche alla costruzione di bombe di tipo nuovo, dotate di enorme potenza. Una sola di queste trasportata per nave e fatta esplodere in un porto distruggerebbe con facilità il porto stesso e parte del territorio circostante. […] "
Senza il minimo indugio Roosvelt ordina che venga costituito il "Comitato consultivo per l'uranio".
Con i grandiosi mezzi messi a disposizione degli scienziati dal governo statunitense sarà possibile iniziare i lavori, che condurranno Fermi e gli altri alla
realizzazione della prima pila atomica il 2 dicembre 1942 a Chicago.
Nella pila atomica la reazione a catena scatenata dall'uranio viene controllata con delle barre di cadmio e di boro.
Il 16 luglio del 1945 nel deserto del Nuovo Messico vicino ad Almogordo viene fatta esplodere la prima bomba atomica sperimentale.
Il
6 agosto viene sganciata su Hiroshima la prima bomba atomica, della potenza di 12 chiloton di TNT, il 9 la seconda su Nagasaki della potenza di 22 chiloton.
In
un decimillesimo di secondo a Hiroshima muoiono 80.000 persone senza rendersi conto di nulla, altre 50 - 60.000 nei minuti successivi, per un totale di 130 - 140.000, ma un conto esatto non è possibile. Altre 90.000 rimangono gravemente ustionate e moriranno nei giorni immediatamente successivi.
Dei 114.000 sopravvissuti molti non recupereranno mai un normale stato di salute.
A Nagasaki , città industriale scelta per la presenza delle acciaierie e delle fabbriche di siluri, i morti immediati sono 40.000, quelli dei giorni successivi per le ustioni 70.000, per un totale di oltre 110.000; i sopravvissuti sono 82.000.
In entrambi i casi la bomba viene fatta esplodere in aria, a circa
500 metri di altezza.
L'esplosione produce
una sfera di fuoco di centinaia di metri di diametro formata di gas roventi, con una temperatura interna di oltre 300.000 gradi. Questo globo infuocato origina tre diversi tipi di forze distruttive:
* un
onda d'urto di violenza enorme, che procede alla velocità del suono, che schiaccia a terra tutti gli edifici per un raggio di due chilometri e arriva a produrre la rottura dei vetri fino a 20 chilometri;
*
raggi termici con una temperatura superiore a quella della superficie solare che producono bruciature sulle parti esposte del corpo umano, fino a una distanza di tre chilometri e mezzo; causano inoltre la deformazione di tutte le strutture metalliche che assumono forme grottesche.
*
radiazioni che si propagano alla velocità della luce, la cui efficacia mortale non si esaurisce all'istante, ma durerà nel tempo.
20 minuti dopo l'esplosione si sviluppa una
tempesta di fuoco causata dalla rarefazione dell'aria sovrastante e che si manifesta con forte vento proveniente da tutte le direzioni verso il centro della zona colpita.
Il
vento raggiungerà anche i 60 km orari due o tre ore dopo l'esplosione e solleva le lamiere zincate dei tetti, tizzoni ardenti e materiali infiammati che mulinano e ricadono qua e là portando distruzione e morte.
Al vento si accompagna una
pioggia intermittente, densa e vischiosa, provocata dalla condensazione del vapore acqueo contenuta nella massa d'aria ascendente. La "pioggia nera" determina la ricaduta a terra di particelle radioattive di cui la nube atomica è carica e causa un numero enorme di vittime per contaminazione.

Ufficialmente il lancio delle due bombe fu giustificato con la necessità di indurre rapidamente i giapponesi a una resa senza condizioni. La seconda sembra sia stata considerata indispensabile per fornire alle autorità giapponesi la prova che la bomba di Hiroshima non era un esemplare unico.
Oggi non lo so, ma negli anni '80, negli arsenali atomici di tutto il mondo esistevano già più di 60.000 testate nucleari, molto più di quello che serve per distruggere ogni traccia di vita sulla terra. L'esplosione di una bomba all'idrogeno della potenza di
1 megaton, un'arma media, facilmente trasportabile da un missile Cruise, produrrebbe una sfera di fuoco di 1770 metri di diametro.
L'onda d'urto, lo schiacciamento e le radiazioni termiche avrebbero una potenza distruttrice incomparabilmente più grande di quelle di Hiroshima e Nagasaki.
Albert Einstein, l'uomo che con la sua autorità scientifica aveva avuto un peso determinante nell'avvio delle ricerche per la costruzione della bomba atomica, spese gli ultimi dieci anni della sua vita a denunciare la follia e i pericoli del riarmo atomico. Il 13 febbraio 1950 lanciò alla televisione americana un appello tanto drammatico quanto duro, contro le armi nucleari: "la bomba all'idrogeno appare all'orizzonte, … , l'avvelenamento dell'atmosfera per mezzo della radioattività e di conseguenza la distruzione di ogni forma di vita sulla terra entreranno nel dominio delle possibilità tecniche.
Tutto sembra concatenarsi in questa sinistra marcia degli avvenimenti. Ciascun passo appare come la conseguenza inevitabile di quello che l'ha preceduto.
Al termine di questo cammino si profila sempre più distintamente lo spettro dell'annientamento generale"..
La Resistenza
MariaPaola Colombo - classe III A - esame di licenza media - anno scolastico 2006/2007
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